Il Bangladesh sta attraversando uno dei più importanti crocevia della propria storia. Da oltre un mese il Paese vive profondissime agitazioni sociali, violenze e movimenti di folla che hanno portato alle storiche dimissioni della premier, rifugiatasi in India. I manifestanti, nella capitale Dhaka, così come in moltissime altre aree del Bangladesh, hanno rivendicato per settimane una maggior equità nell’attuazione dei diritti e hanno portato a uno sconvolgimento socio-politico con pochi precedenti.
Più di 400 persone sono state uccise e diverse migliaia ferite tra il 15 luglio e i primi giorni di agosto, dopo che le forze dell’ordine e gli uomini del partito al governo si sono scontrati con i manifestanti a Dhaka e in altre città. Almeno 30 strutture di importanza vitale per il Paese (edifici governativi e società di servizi) sono state prese d’assalto e saccheggiate dalla folla e non si contano gli incendi di origine dolosa. Le forze di sicurezza, per evitare di diventare il bersaglio dei manifestanti e allo scopo di abbassare la tensione, sono di fatto quasi assenti dalle strade, una situazione che ha lasciato campo libero ai disordini e ai saccheggi.
I danni economici della rivolta si stanno già delineando in tutta la loro gravità: la perdita di proprietà pubbliche e private, i mancati introiti per la sospensione delle attività produttive e generatrici di reddito, il rapido collasso del settore turistico e, in prospettiva, la fuga degli investitori stanno mettendo in ginocchio un Paese con altissima densità demografica e con una larghissima parte di popolazione che vive in situazione di marginalità o povertà estrema, fortemente esposta al cambiamento climatico.
La situazione politica è in rapidissima evoluzione. Mentre il premio Nobel Muhammed Yunus ha accettato di guidare un esecutivo di transizione, continuano le violenze in alcune parti del Paese. Resta alto il rischio non solo di disordini di piazza ma anche dell’acuirsi di alcune dinamiche molto sensibili, già presenti in Bangladesh ma spesso latenti, quali l’estremismo di matrice religiosa, le discriminazioni su base religiosa ed etnica, i traffici illegali e la precarietà delle moltissime persone che vivono ai margini della società.
Caritas Bangladesh – attiva e operante nel Paese da oltre 50 anni, una delle organizzazioni maggiormente riconosciute – ha seguito la situazione sin dalle prime fasi del movimento studentesco e degli eventi di violenza. Ha preso le misure necessarie per la sicurezza dei membri del personale e dell’Ufficio esecutivo a Dhaka, degli uffici sul campo, nei progetti e nelle regioni in tutto il Paese. Gli uffici regionali, di progetto e sul campo stanno organizzando alloggi, cibo e tutto quanto è necessario per gli operatori e i volontari che non sono potuti tornare alle loro postazioni di lavoro o alle loro residenze dopo i viaggi sul campo e i programmi di risposta alle emergenze sul territorio.
Caritas Italiana da decenni collabora e supporta Caritas Bangladesh in diversi interventi di emergenza (cicloni, inondazioni, accoglienza profughi) e di sviluppo in diverse zone del Paese.
Da circa un anno, Caritas Bangladesh è gemellata con la Delegazione Caritas del Nordest nell’ambito dei gemellaggi concepiti in occasione del 50° anniversario dell’istituzione di Caritas Italiana.
Lo scambio – che ha già visto una visita in Italia di una delegazione di Caritas Bangladesh e una visita in Bangladesh di una rappresentanza della Delegazione Caritas del Nordest e di Caritas Italiana – prevede azioni di collaborazione, condivisione di conoscenze ed apprendimenti reciproci.
Caritas Italiana è vicina a Caritas Bangladesh e a tutta la popolazione in questo momento di particolare fragilità e fermento. Segue attentamente gli sviluppi della situazione ed esprime tutta la sua solidarietà a chi è direttamente impegnato a trovare soluzioni nell’ottica del bene comune.
Aggiornato il 12 Dicembre 2024